Entro la fine del I secolo d.C. la Valle dei Fori Imperiali si presentava completamente occupata dai quattro Fori fino ad allora realizzati ossia, in ordine cronologico: quello di Cesare (46 a.C.), di Augusto (2 a.C.), della Pace (75 d.C.) e di Nerva (97 d.C.), quest’ultimo in realtà voluto e in gran parte costruito dall’imperatore Domiziano (81-97 d.C.).
Lo sbancamento delle pendici del Quirinale
È molto probabile che sia stato ancora Domiziano ad avviare lo sbancamento delle pendici del Quirinale che chiudevano la Valle dei Fori a nord, allo scopo di ricavare spazio per nuovi edifici, forse un altro nuovo foro. L’impresa fu infatti iniziata e portata a termine in un arco di tempo imprecisato, compreso comunque tra il 95 e il 105 d.C., quindi tra gli ultimi anni del principato di Domiziano e i primi di quello di Traiano (98-117 d.C.). È stato calcolato che fu rimosso materiale tufaceo per circa 300.000 metri cubi, ottenendo così una superficie edificabile di circa 4,2 ettari. In quest’area fu realizzato il quinto e ultimo dei Fori Imperiali, il più grandioso: il Foro di Traiano.
Perché un altro Foro?
La costruzione di un nuovo Foro fu probabilmente motivata dalla necessità di aumentare gli spazi dedicati all’amministrazione della giustizia, che dal Foro Romano si era spostata in buona parte nel Foro di Cesare e poi, principalmente, in quello di Augusto. Allo stesso tempo, il nuovo Foro fu realizzato per celebrare la vittoria sul popolo dei Daci, che l’imperatore Traiano aveva sconfitto in due successive durissime campagne militari, combattute la prima nel 101-102 d.C. e la seconda nel 105-106 d.C. I Daci abitavano una vasta area corrispondente grosso modo all’attuale Romania, che dopo la conquista romana fu trasformata nella provincia della Dacia. Lo straordinario bottino di guerra arricchì grandemente l’Impero e fu utilizzato proprio per costruire il Foro, inaugurato nel 112 d.C.
L’architettura del Foro
Il complesso consisteva in una grande piazza rettangolare di 110×85 metri, fiancheggiata da profondi portici colonnati sui due lati lunghi, chiusa a sud da un colonnato di marmi colorati e a nord dal prospetto della Basilica Ulpia, grandiosa struttura a due piani e cinque navate. Oltre la Basilica, a nord, si sviluppava un cortile quadrangolare sul quale affacciavano due ambienti contrapposti, identificati con altrettante biblioteche. Al centro del cortile era la Colonna Traiana. Chiudeva il cortile un gigantesco pronao con colonne dal fusto di 15 metri (non sono note colonne di altezza maggiore in tutto l’Impero), che funzionava come accesso al Foro da nord.
La corte porticata meridionale
L’accesso da sud era invece costituito da un cortile monumentale di 25×27 metri, con colonne su tre lati, decorato con marmi colorati e inserito tra il Foro di Augusto e il lato meridionale della piazza del Foro di Traiano. I resti di questa struttura sono stati rinvenuti in occasione degli scavi del 1998-2000.
La Colonna Traiana
Le campagne contro i Daci furono raccontate nel lunghissimo rilievo che avvolge a spirale la Colonna Traiana, opera tra le più straordinarie dell’arte romana di tutti i tempi, inaugurata nel 113 d.C. Sulla sommità della Colonna fu collocata la statua dorata dell’imperatore, il nome del quale figura inciso nell’iscrizione sul basamento che ricorda lo sbancamento delle pendici (qui chiamate ‘mons‘, ossia ‘monte’) del Quirinale. Secondo la tradizione, nella base della Colonna furono riposte le due urne d’oro con le ceneri di Traiano e della moglie Plotina, poi andate perdute. Nessuno degli altri imperatori era stato sepolto nel proprio Foro, tantomeno dentro il pomerio, che era il limite sacro della Città all’interno del quale era vietato seppellire. È questo un altro aspetto dell’eccezionalità del Foro di Traiano, forse il più straordinario di tutti.
Il tempio che non c’è
Nel Foro di Traiano mancava il tempio, edificio che abbiamo visto invece costantemente presente negli altri Fori Imperiali. In passato si riteneva che un gigantesco tempio dedicato a Traiano e a Plotina divinizzati (e comunque non a una divinità “tradizionale”, come era sempre accaduto) fosse stato edificato dal successore di Traiano, ossia Adriano (117-138 d.C.) al limite settentrionale del complesso, in un’area sostanzialmente corrispondente a quella in cui oggi si trova Palazzo Valentini. Le ricerche effettuate in tempi recenti nei sotterranei del Palazzo hanno invece riportato alla luce resti, anche consistenti, di edifici d’abitazione, ridimensionando o escludendo così la presenza di un tempio in questo punto.
La Basilica Ulpia come nuovo tribunale
Il nome di Traiano fu legato, invece, alla Basilica, elemento architettonico finora mai presente nei Fori Imperiali, chiamata “Ulpia” dal nome della famiglia dell’imperatore: la Gens Ulpia. Il nome completo dell’imperatore era, infatti: Marcus Ulpius Nerva Traianus. È molto probabile che nelle due absidi della Basilica, poste sui lati minori, venisse amministrata la giustizia. Si replicava così la presenza di tribunali all’interno di strutture ad emiciclo, secondo il modello architettonico inaugurato nel Foro di Augusto.
L’Equus Traiani
L’esaltazione della figura e del nome di Traiano fu affidata anche alla statua equestre dell’imperatore (Equus Traiani, letteralmente “Cavallo di Traiano”), posta nella piazza del Foro su un basamento di 3,76×7,54 metri, resti del quale sono stati ritrovati durante gli scavi del 1998-2000. La statua è invece andata perduta, ma il suo aspetto è noto grazie all’immagine riprodotta su alcune monete: Traiano era raffigurato come condottiero, con la lancia a punta in giù (segno di pacificazione) nella mano destra e una statua di Vittoria alata nella sinistra. È stato calcolato che la statua fosse alta, basamento compreso, tra i 10 e i 12 metri. La bellezza di quest’opera e lo stupore che ispirava in chi la guardava sono attestate da diversi autori antichi.
La testimonianza di Ammiano Marcellino
Tra questi lo storico Ammiano arcellino (330-400 d.C. circa), che così ci racconta la reazione dell’imperatore Costanzo II (337-361 d.C.), nel 357 d.C. in visita a Roma: “Quando giunse al foro di Traiano, costruzione unica al mondo, come crediamo, (…) si fermò attonito, ammirando tutto intorno le costruzioni imponenti, difficili da descrivere e non più imitabili dai mortali. E così, messa da parte ogni speranza di poter costruire qualcosa di simile, diceva di volere e potere imitare solo il Cavallo di Traiano”. Ammiano ci racconta anche la reazione del principe persiano Ormisda, che accompagnava l’imperatore e che così commentò le sue parole: “Ma prima di realizzare un simile cavallo, mio imperatore, ordina di costruirgli una stalla uguale a questa”.
Apollodoro di Damasco
Creatore di questo straordinario complesso monumentale fu Apollodoro di Damasco, il celebre architetto che aveva accompagnato Traiano nella guerra contro i Daci, durante la quale progettò il ponte fortificato sul Danubio presso Drobeta, raffigurato poi sulla Colonna Traiana. Al suo nome sono legati altri complessi architettonici voluti dall’imperatore, come le Terme di Traiano sul Colle Oppio a Roma e il Porto di Traiano alla foce del Tevere. Morto Traiano, Apollodoro sarebbe caduto in disgrazia presso il suo successore Adriano, che si dilettava di architettura e che, secondo la leggenda, lo avrebbe fatto giustiziare perché piccato per i giudizi negativi che l’architetto aveva espresso sul progetto del Tempio di Venere e Roma, ideato dall’imperatore in persona.