Nonostante gli ampliamenti, gli incendi, i restauri e le ricostruzioni, nel corso dell’Antichità i Fori Imperiali mantennero intatte sia la loro conformazione architettonica che la loro funzione. Gli scavi archeologici e le ricerche più recenti hanno infatti rivelato che solo nel IV secolo furono messi in atto i primi interventi di trasformazione degli spazi antichi e il loro uso per motivi completamente nuovi e diversi rispetto a quelli per i quali i Fori erano stati costruiti. È dunque da quest’epoca che inizia il lento e progressivo modificarsi dell’area che portò alla nascita di un panorama urbano completamente nuovo e in continuo cambiamento nel corso dei secoli. Oggi rimane molto poco delle ricche fasi post-antiche dei Fori Imperiali: esse furono quasi del tutto cancellate tra 1911 e 1934 per la “liberazione” dei monumenti antichi e per la realizzazione di Via dei Fori Imperiali.
Foro di Cesare
Il Foro di Cesare fu interessato da un precoce processo di abbandono e di smontaggio delle strutture antiche (Tempio di Venere Genitrice e portici ) per il recupero di materiale edilizio.
Nel IX-X secolo nell’area del Foro, ormai quasi del tutto destrutturato, si impiantarono case molto povere, a un piano, fatte con muri che solo nella parte inferiore erano di muratura, mentre in quella superiore erano di legno o mattoni in fango e paglia. Le case erano organizzate in un piccolo villaggio ed erano disposte ai limiti di aree coltivate prima a ortaggi e spezie, poi a vigna (si sono rinvenute le trincee dei filari) e alberi da frutto (fichi, susini, ciliegi, noccioli).
Incombeva su questo agglomerato di casupole la mole della Curia, trasformata da papa Onorio I (625-638) nella chiesa di Sant’Adriano e che proprio grazie a tale trasformazione non fu demolita per il recupero di materiale da costruzione. Accanto ad essa, la più piccola chiesa di Santa Martina, sorta forse sul Secretarium Senatus sempre per iniziativa di Onorio I, è giunta a noi con la dedica ai Santi Luca e Martina e nella versione monumentale datale da Pietro da Cortona a partire dal 1635. Essa era il cuore dell’antica Accademia di San Luca, demolita negli Anni Trenta del secolo scorso insieme al fitto tessuto urbano composto da case ed edifici religiosi che nei secoli più recenti aveva occupato l’area del Foro.
Foro di Augusto
Il Foro di Augusto, con quello di Cesare, fu forse tra i primi a essere interessato dalle demolizioni per il recupero di materiale edilizio. Si data infatti tra la fine del V secolo e la prima metà del VI un’iscrizione “di proprietà” rinvenuta sul piano di taglio di un rocchio di colonna sicuramente appartenente al Tempio di Marte Ultore. Il Tempio era stato demolito e il pezzo di colonna era evidentemente pronto per essere usato in una nuova costruzione. Il proprietario del pezzo è un tale Patricius Decius, identificabile con un membro della nobile famiglia dei Decii.
La demolizione del Foro, in particolare del Tempio, può dirsi completata nel X secolo, quando una comunità di monaci Basiliani costruì il proprio monastero sui resti del podio. Da questo momento il settore orientale del Foro di Augusto sarà occupato costantemente da edifici di carattere sacro.
Ai Basiliani, infatti, seguirono dalla fine del XII-inizio del XIII secolo i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme (detti poi di Rodi, oggi di Malta), che qui impiantarono la loro prima sede romana.
Dal 1568 le nuove inquiline del complesso furono le Monache Domenicane dell’Annunziata, che costruirono una nuova chiesa e un nuovo convento e che abitarono qui fino agli Anni Venti del secolo scorso, quando furono avviati i lavori di “liberazione” del Foro di Augusto.
Durante questi lavori fu scoperta – e poi demolita – l’antica chiesina di San Basilio, costruita a ridosso del muro di fondo del Foro e utilizzata prima dai Basiliani e poi dai Cavalieri. Da essa provengono elementi di decorazione scultorea (IX-X secolo) e frammenti di affreschi (XII-XIII secolo), custoditi attualmente nella Casa dei Cavalieri di Rodi.
La parte occidentale del Foro di Augusto ebbe invece una storia completamente diversa: rimasta inabitata per molti secoli, finì per trasformarsi in un’area verde, a volte impaludata, chiamata “Orto di San Basilio”. Alla fine del XVI secolo essa fu bonificata, e quindi occupata da un nuovo quartiere, detto “Alessandrino” dal soprannome del cardinal Michele Bonelli, che ne aveva promosso la realizzazione (per approfondimenti: qui e qui).
Foro della Pace
Il Foro della Pace sembra essere stato il primo ad aver subito trasformazioni importanti. Infatti, come hanno evidenziato gli scavi più recenti, verso l’inizio del IV secolo nella piazza furono costruiti edifici dall’aspetto molto povero, probabilmente di tipo commerciale. Nonostante questo, il Foro continuò ad essere frequentato come tale e soprattutto come museo pubblico, stando alla testimonianza di diversi autori del tempo che menzionano le opere d’arte in esso ancora conservate almeno fino agli inizi del VI secolo. Al pontificato di papa Felice IV (526-530) risale la trasformazione di una delle aule minori che fiancheggiavano l’aula di culto sul lato sud nella basilica dei Santi Cosma e Damiano.
La demolizione delle strutture antiche può dirsi termnata nel XIII secolo. Il Duecento è però anche il momento in cui in quest’area viene costruito uno degli edifici più stupefacenti della Roma medievale: la Torre dei Conti, voluta da papa Innocenzo III dei Conti di Segni (1198-1216) e concepita come perno della residenza urbana della sua famiglia. La Torre, il cui aspetto è noto grazie a fonti iconografiche antiche, aveva struttura a cannocchiale, cioè a tre corpi rientranti, ed era circondata da mura merlate e piccoli edifici residenziali e di servizio. L’area del Foro della Pace fu quindi occupata dal XVII secolo da edifici di abitazione, demoliti per l’apertura di Via dei Fori Imperiali.
Foro di Nerva
Gli scavi più recenti hanno rivelato per il Foro di Nerva una situazione molto particolare. Oggi infatti sappiamo che nei primi secoli del Medioevo esso fu utilizzato come semplice percorso viario tra la Suburra e il Foro Romano: a questa fase di vita del monumento appartengono i solchi lasciati dai carri sul piano pavimentale in tufo, già privato delle lastre in marmo che lo rivestivano in epoca antica (i solchi si vedono bene davanti alle Colonnacce). In altri punti il pavimento fu restaurato con un acciottolato.
In seguito, nel pieno IX secolo, ai lati della strada furono costruite due residenze aristocratiche, dalla pianta rettangolare, con muri composti da filari di blocchi di tufo nella parte inferiore e laterizi in quella superiore. La più ricca di queste dimore, appoggiata contro il muro perimetrale sud del Foro (che oggi non esiste più), si affacciava sulla strada con un portico ad archi, ancora conservato.
Tra fine XII e inizi XIII secolo vengono quasi interamente smontati per il recupero di materiale edilizio i muri perimetrali del Foro, che si sono infatti conservati solo nella parte delle Colonnacce, verso Largo Corrado Ricci. In questo periodo vengono costruite nuove case, dall’aspetto più dimesso e spesso collegate a botteghe di macelleria, attestate in zona almeno dal XIV secolo, case che poi verranno inglobate e distrutte dalle nuove abitazioni delle fasi più recenti (XVI-XVII secolo), a loro volta demolite per la realizzazione di Via dei Fori Imperiali.
Foro di Traiano
Gli scavi del 1998-2000 hanno portato alla luce una parte molto estesa del Foro di Traiano e hanno permesso notevoli acquisizioni non solo per la parte antica ma anche per quella medievale e moderna. Sappiamo infatti che le strutture del Foro si mantennero tutto sommato in buono stato durante l’Alto Medioevo e che il livello di calpestio del complesso rimase quello di epoca romana almeno fino al IX secolo. Da questo momento le cose cominciarono a cambiare profondamente. Al pieno IX secolo si data, infatti, l’asportazione sistematica delle lastre in marmo che componevano il pavimento della piazza. Quest’area nel secolo successivo fu occupata da edifici di abitazione, la cui costruzione si deve molto probabilmente a un potente personaggio del tempo chiamato Kaloleus, il quale avrebbe dato il proprio nome al campus, ossia alla piazza che era nata in questo punto dei Fori: il Campus Kaloleonis, poi divenuto “Campo Carleo”, toponimo in uso ancora oggi.
Tra XII e XIII secolo la piazza del Foro fu interessata da una nuova sistemazione edilizia: furono infatti costruite case a schiera dall’impianto stretto e lungo, con un piccolo orto dotato di pozzo sul retro. Ad esse appartiene la gran parte delle strutture in opera incerta e in tufelli che si vedono ancora oggi.
L’edificio di epoca medievale più imponente del Foro è tuttavia il grande ambiente a pianta rettangolare con contrafforti, costruito in corrispondenza del limite sud del Foro e nel quale fu ricavata alla fine del XVI secolo la chiesa di Sant’Urbano ai Pantani. Al momento della sua scoperta (1932) questo edificio fu identificato con il duecentesco ospedale dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Nel 1933 esso fu raso al suolo insieme al grande Convento di Sant’Urbano, che gli sorgeva accanto. Presso il complesso di Sant’Urbano gli scavi hanno portato alla luce i resti di alcune case tardo medievali, poi occupate da una fornace per ceramica che continuò a funzionare fino all’inizio del XVI secolo, quando ne era proprietario un tal Giovanni Boni da Brescia, morto intorno al 1520. Gli scavi hanno restituito migliaia di scarti di lavorazione, arricchendo notevolmente la nostra conoscenza della ceramica romana proto-rinascimentale.
Oltre Sant’Urbano, nell’area del Foro di Traiano sorsero numerose chiese, oggi non più esistenti: San Nicola de Columna, ai piedi della Colonna Traiana (demolita nel XVI secolo); Santa Maria in Campo Carleo (esistente nel XII secolo e demolita nel 1884); Sant’Eufemia, con l’annesso orfanatrofio femminile, e la chiesa dello Spirito Santo (entrambe esistenti nel XV secolo e demolite nel 1812). Esistono invece ancora la chiesa di Santa Maria di Loreto e quella del Santissimo Nome di Maria, che ancora oggi fanno da sfondo per chi contempla la Colonna Traiana da sud.