Per celebrare la fine delle guerre di successione all’Impero e, soprattutto, la repressione della rivolta giudaica e la pacificazione del Vicino Oriente nel 70 d.C., l’imperatore Vespasiano (69-79 d.C.) decretò la costruzione di un complesso monumentale dedicato alla Pace, che fu inaugurato nel 75. Nel 192, al tempo dell’imperatore Commodo (180-192 d.C.), il complesso fu gravemente danneggiato da un incendio e fu quindi restaurato dopo qualche anno dall’imperatore Settimio Severo (193-211 d. C.).
La topografia
Per costruire il complesso, che le fonti antiche indicano con il nome di Templum Pacis e che fu detto ‘Foro della Pace’ solo dal IV secolo d.C. in poi, fu scelta una vasta area compresa tra il Foro Romano a est, la strada antica denominata Argiletum (occupata dal Foro di Nerva dopo una trentina di anni) a nord e un modesto rilievo collinare chiamato Velia a sud, abbattuto nel 1932 per l’apertura di Via dell’Impero (oggi Via dei Fori Imperiali).
L’architettura del Foro
Il nuovo Foro (che in realtà, nelle intenzioni di Vespasiano, era un tempio) era formato da una grande piazza quasi quadrata di 110×105 metri, chiusa con portici colonnati su tre lati. Il quarto lato corrispondeva alla lunga facciata di ingresso lungo l’Argiletum ed era costituita da un semplice muro continuo con un colonnato aggettante all’interno verso la piazza, nel quale si aprivano gli accessi. Sulla parete esterna di questo lato si addossò il muraglione in blocchi di tufo del Foro di Nerva (97 d.C.).
La piazza e le fontane
La piazza si presentava come un immenso spazio in terra battuta, pavimentato solo lungo la parete d’ingresso e concepito come un giardino con fontane. Queste avevano un aspetto molto particolare: erano infatti costituite da bassi podi in muratura di pianta rettangolare rivestiti in marmo, lunghi e stretti, sulla cui superficie scorreva costantemente un leggerissimo velo d’acqua. Sappiamo, inoltre, che lungo le fontane si trovavano siepi fiorite.
Infatti, in occasione degli scavi del 1998-2000 sono stati rinvenuti filari di anfore spezzate, disposte ordinatamente come vasi; le analisi paleobotaniche della terra e dei resti carbonizzati ritrovati al loro interno hanno svelato che in esse erano stati piantati cespugli di delicate rose galliche. Le fontane, in totale sei, si disponevano in due gruppi di tre in modo da lasciare libero lo spazio centrale della piazza davanti all’aula di culto.
L’aula di culto
L’aula di culto era al centro del lato opposto a quello di ingresso. Si trattava di un profondo vano con un’abside, in cui era stata collocata la gigantesca statua di Pax – la Pace – raffigurata come una divinità femminile, forse seduta, posta su un basamento alto quasi 5 metri. La fronte era costituita da una fila di sei colonne colossali che spiccavano sull’altezza del portico e sorreggevano un timpano. L’aula aveva un sontuoso pavimento in marmi colorati, composto da dischi del diametro di 2,45 metri inseriti in quadrati di 3,55 metri di lato. L’altare, una struttura rettangolare di 8×16 metri, si trovava all’esterno, già nello spazio della piazza.
La Bibliotheca Pacis
Affiancavano l’aula di culto due aule di dimensioni minori per lato, che molto probabilmente ospitavano sin dal principio la ricchissima biblioteca ricordata nelle fonti antiche con il nome di Bibliotheca Pacis. In essa erano conservati e consultabili volumi greci e latini di argomento filosofico-letterario e, secondo una recente e suggestiva ipotesi, anche medico. La raccolta di testi medici sarebbe inoltre da collegare a una schola medicorum, una scuola di medicina che le fonti antiche indicano all’interno o nei pressi del Foro e nella quale insegnò il celebre medico greco Galeno (129-201 circa d.C.).
L’Aula della Forma Urbis Romae
Nell’aula immediatamente a destra dell’aula di culto era affissa la celebre Forma Urbis Romae, ossia la grande pianta di Roma (18×13 metri) incisa su marmo per volontà e al tempo dell’imperatore Settimio Severo, che fece restaurare il complesso dopo il violento incendio del 192. Al tempo di papa Felice IV (526-530) nell’aula accanto a questa fu ricavata, ed è ancora esistente, la basilica dei Santi Cosma e Damiano.
Le esedre
Sui lati orientale ed occidentale del Foro si aprivano quattro esedre di pianta rettangolare, due per lato. Ne rimane una sola, quella nord-orientale. Essa si è conservata poiché finì inglobata nella base della Torre dei Conti, costruita all’inizio del XIII secolo da papa Innocenzo III Conti (1198-1216) per la sua famiglia, che aveva la propria residenza in quest’area. L’interno dell’esedra è visibile nel sotterraneo della Torre, detto oggi ‘Cripta dell’Ardito’ perché destinato a mausoleo del generale degli Arditi Alessandro Parisi, morto nel 1938. Resti dell’esedra sul lato opposto sono stati rinvenuti in occasione degli scavi del 1998-2000.
Il Foro della Pace come museo
Gli autori antichi ci raccontano che nel Templum Pacis erano esposte per il godimento del pubblico numerose opere d’arte realizzate dai più celebri artisti greci, in particolare dipinti e, soprattutto, statue.
Questo faceva del complesso oltre che un luogo di culto, un giardino e una biblioteca, anche uno straordinario museo, che si andò arricchendo nel corso del tempo e che era frequentato e descritto nelle fonti letterarie ancora all’inizio del VI secolo. La maggior parte delle statue doveva essere esposta nei portici, divisi a metà da una transenna continua in marmo cipollino che separava così lo spazio nel quale si potevano muovere i visitatori (verso l’esterno) da quello in cui erano posizionate le opere (verso l’interno). Nel Templum Pacis furono anche riposte le spoglie tolte al Tempio di Gerusalemme, distrutto nel 70 al culmine della repressione della rivolta giudaica; tra queste, la tavola per il pane di proposizione, le trombe e uno dei candelabri a sette braccia che figurano sui rilievi interni dell’Arco di Tito.
Ruolo e funzione del Foro della Pace
Il Foro della Pace, il terzo in ordine cronologico dei cinque Fori Imperiali, era quindi profondamente diverso dai due che lo avevano preceduto, ossia il Foro di Cesare (46 a.C.) e quello di Augusto (2 a.C.), e dal più antico Foro Romano. Questi erano, infatti, luoghi in cui si svolgeva principalmente un’intensa attività di amministrazione della giustizia, mai documentata nel Foro voluto da Vespasiano, che era invece un santuario e, allo stesso tempo, un giardino, un luogo di studio e un museo pubblico, secondo un ideale di diffusione della cultura caratteristico dell’epoca.